In meno di 70 giorni Crippa, Orsili e Pastrello hanno riportato lo stesso infortunio, la rottura del legamento crociato. Il loro percorso di rieducazione è stato condizionato dal lockdown ma con pazienza, coraggio e un pizzico di creatività le tre Azzurre sono tornate in campo. Più forti di prima

ll 14 novembre 2019, mentre era in campo a Cagliari con la maglia della Nazionale contro la Repubblica Ceca, Martina Crippa ha riportato la rottura del legamento crociato anteriore e del collaterale mediale del ginocchio destro. Quattordici giorni più tardi a Lucca, durante un allenamento, Silvia Pastrello (capitano della Nazionale Under 18 fresca campione d’Europa) si è procurata la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro. Il 20 gennaio 2020 anche il ginocchio di Alessandra Orsili (per lei due le Medaglie d’Oro vinte nell’estate 2019) ha ceduto nel corso della partita con Broni: la diagnosi? Facile, purtroppo. Un'altra rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro.
Tre gravissimi infortuni, occorsi nel giro di 67 giorni, hanno colpito altrettante figure importanti della nostra pallacanestro. Crippa è da anni una colonna portante della Nazionale Senior, Orsili e Pastrello hanno dominato in Europa negli ultimi anni facendo incetta di vittorie e medaglie. A complicare il percorso di recupero delle tre Azzurre da infortuni così pesanti, è arrivato a metà marzo il lockdown: Martina, Alessandra e Silvia si sono ritrovate a casa da sole, come tutti noi, e in più private della presenza di medici, fisioterapisti e preparatori fisici a sostenerle. L’angoscia da Covid-19 e insieme il terrore di non poter uscire dal proprio infortunio senza strascichi. Le cose in realtà sono poi andate per il meglio. Crippa è già tornata protagonista a Schio e in Nazionale, aspettando i prossimi Europei Giovanili Orsili e Pastrello sono tornate a incantare Lucca, 17 punti in due alla prima di campionato contro San Martino di Lupari. Le abbiamo disturbate, confortate dal lieto fine, per farci raccontare la trama di settimane veramente complicate.

Cosa ricordi dell'inizio del lockdown?

Martina: «Ero a casa a Monza con la mia famiglia, tornata a casa per conoscere Lavinia, la mia seconda nipotina appena nata. Quando in televisione hanno dato la notizia della chiusura della Lombardia e di altre ragioni. Sembrava davvero una situazione irreale. Insieme alla dirigenza di Schio, abbiamo deciso che la cosa migliore fosse quella di rimanere a casa».
Alessandra: «Ero a Lucca. Sinceramente facevo parte di quella fetta simpatica di persone che aspettava il lockdown come la "scuola chiusa per neve". Poi però ho scoperto che più che qualche fiocco, stava scendendo una valanga... A quel punto avrei pagato oro per tornare alla vita di prima, anche se significava qualche verifica in più».
Silvia: «Anche io ero a Lucca. Sono stati giorni strani perché già da fine febbraio sentivo la mia famiglia preoccupata per questo virus. Col lockdown ho trascorso intere giornate tra giochi da tavolo, Just Dance, Lego, pulizie e didattica a distanza».

Quanto il lockdown ha condizionato il recupero?
Martina: «Ho dovuto aspettare qualche mese in più prima di correre e prima di giocare con veri contatti. Sono stata fortunata perché a marzo, quando è iniziato il lockdown, ero già a metà della mia riabilitazione. Conclusi i primi tre mesi, non avevo più bisogno di terapie giornaliere».
Alessandra: «Mi sono operata il 17 febbraio ad Arezzo, dopo 10 giorni ho iniziato la fisioterapia nello stesso Centro di Silvia. Il lockdown? Un limbo: mai mi sono sentita rilassata, vivevo nel corpo di un'estranea che non mi somigliava. Le mura di casa ci "intrappolavano" tra lo studio di due maturande e l'improvvisazione riabilitativa delle stesse. Ricevevamo informazioni dettagliate ma la verità era che io e Silvia, a ogni esercizio, rischiavamo per colpa della nostra creatività. Quando ho iniziato ad avvertire dei fastidi al ginocchio, ho deciso di smettere di allenarmi per concentrarmi sullo studio, in attesa della Maturità (che io poi sia uscita con 99 è tutto dire…). Ho vissuto i mesi post-operatori in apnea, a fine maggio sono andata in una palestra per completare la ri-atletizzazione».
Silvia: «I tempi della riabilitazione si sono allungati e vista la situazione in cui ci siamo ritrovate, l’obiettivo non era più quello di migliorare la condizione del ginocchio ma di non regredire nei progressi. I primi giorni io ed Ale abbiamo costruito gli attrezzi che ci potevano servire per la riabilitazione utilizzando sacchetti pieni di riso, cuscini, manici di scopa, cassette d’acqua. Poi finalmente sono arrivati gli attrezzi ordinati su internet tramite la società. Infine a maggio i centri di riabilitazione hanno riaperto e sono riuscita a finire il mio percorso».

Immagino si lavorasse a distanza.
Martina: «Mi ha seguito Davide Pacor, il fisioterapista della Nazionale e dell’EuroBasket Roma: con lui ho iniziato la riabilitazione già dal giorno dell’operazione. Ho creato una piccola ”palestra” in una sala comune nel condominio dove abito, con attrezzi che uso di solito in estate per allenarmi. Con Davide ci sentivamo ogni giorno, mi dava indicazioni sul tipo di esercizi e sul lavoro da fare, controllava a distanza il ginocchio e i progressi dei miei muscoli».
Alessandra: «Non lavoravo in videoconferenza, avevo a disposizione dei video postati su YouTube direttamente per me dal fisioterapista di Lucca».
Silvia: «Mi ha aiutato molto Antonio, il ragazzo che ci seguiva nella palestra dove andavamo prima del lockdown. Ci mandava via Whatsapp le schede settimanali e aveva aperto un canale YouTube dove postava video in cui ci spiegava come svolgere gli esercizi».

Quanto era difficile rimanere in casa, tra mille paure, ed essere costretti a lavorare per recuperare dall’infortunio?
Martina: «Avevo paura di non allenarmi abbastanza o di non eseguire correttamente gli esercizi. Mi hanno aiutato le videochiamate con le nipotine, con la famiglia e con le amiche. Aver vissuto quel periodo con i miei genitori mi ha aiutato, sono stati di grande sostegno in quei momenti. La sera, quando sentivamo le notizie del TG, mi rendevo conto che la cosa più importante fosse che la mia famiglia e le persone a cui volevo bene fossero in salute. Tutto il resto, ginocchio compreso, si poteva sistemare col tempo e con un po’ di lavoro in più».
Alessandra: «E’ stato snervante lavorare chiusa in casa per mesi. E’ stata dura perché l'intera situazione mi ha obbligata a rinunciare ad avere delle aspettative. E non è sano avere 19 anni e poter coltivare poche speranze».
Silvia: «Condividere il primo mese con Ale mi ha alleggerito le pressioni che avevo in quel momento tra ginocchio, paura di non recuperare e ansia per la scuola. Il periodo più difficile è arrivato dopo, quando mi sono ritrovata da sola a fare gli esercizi e ho rischiato di perdere la motivazione. Tutto ciò si aggiungeva all’ansia della Maturità, inoltre in quei giorni ho iniziato a correre da sola e ciò non ha fatto altro che aumentare le mille ansie che già avevo. Da quando ho avuto l’opportunità di tornare in un Centro di fisioterapia tutto è stato in discesa».

C'è stato un momento in cui hai davvero avuto paura di non farcela?

Martina: «Sono stati tanti i giorni in cui ho pensato di non riuscire a recuperare al 100%, tanti i giorni in cui mi sono allenata con minore intensità perché demotivata e piena di dubbi. Però bastava una chiacchierata con Davide e lui riusciva a trasmettermi la forza per non mollare, la fiducia che sarebbe andato tutto bene. Aveva ragione lui».
Alessandra: «E’ stato difficile credere a quelli che mi assicuravano che, con tanto lavoro, da un infortunio si torna come prima. Soprattutto se quello che mi mancava era proprio il lavoro, ovvero il presupposto più importante. Non contava quanto volessi correre se non sapevo bene come iniziare a farlo, partire dalla ripetizione fino al perfezionamento della tecnica e infine al potenziamento».
Silvia: «Ho avuto paura subito dopo l’operazione, quando mi sembrava impossibile tornare a camminare. E poi quando ho ricominciato a correre senza qualcuno che mi potesse seguire da vicino. Quando ho visto che il ginocchio teneva, ho capito che dovevo solo avere pazienza e ritrovare la condizione».

Quanto è stato bello tornare a giocare?
Martina: «Emozionante. Dopo mesi di sacrifici, anche durante il periodo estivo nel quale sono stata seguita da Francesca Zara, è stato bellissimo ricominciare a giocare. Non mi ero resa conto di quanto mi fosse mancato il basket fino al primo allenamento».
Alessandra: «E’ stato bello e non smette mai di essere bello. Sto giocando un nuovo basket, con una nuova me, sia a livello fisico che mentale».
Silvia: «Fantastico. L’emozione più bella alla prima gara ufficiale, quando mi sono rimessa il numero 11. Ero felice, di una felicità che a parole non riesco a spiegare. Per me quella partita è stata una doppia vittoria perché oltre ad averla vinta, ha coronato al meglio il mio percorso di riabilitazione, pieno di alti e bassi».

Quanto questa esperienza ti ha fatto crescere?

Martina: «L’infortunio è un’esperienza che ti porta ad affrontare mille paure e a superare ostacoli con una forza che non avresti immaginato di avere».
Alessandra: «Credo che l'esperienza che ho affrontato, più che una condanna, sia stata una risorsa. La memoria mi sta insegnando ad affrontare le situazioni problematiche con realismo e responsabilità. Mai dimenticherò lo sforzo fatto per tornare in campo, soprattutto non dimenticherò le cose che ho imparato fuori dal campo. Dove c'è una vita diversa ad aspettarmi ma affascinante quanto quella che trascorro in campo».
Silvia: «Tanto, sono quasi sorpresa di come sia riuscita a superarla, nonostante i non pochi momenti di stress e ansia. Ho imparato che per quanto le cose possano sembrare difficili non sono impossibili e che in un modo o nell’altro il traguardo lo si raggiunge, basta non fermarsi alle prime difficoltà»

Facile. Se hai la forza di volontà di Martina, Alessandra e Silvia.

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